In/comunicazione contemporanea?
Architetti vs uomo della strada: difficoltà comunicative del progetto contemporaneo
Nicolò Friedman - Francesco Niccolai - Luigi Priano
Il tema viene affrontato attraverso una serie di provocazioni rivolte sia al conoscitore
della materia sia all’ “uomo della strada”. La finalità non è quella di dare delle risposte ma di stimolare
il dibattito sul divario tra proposta architettonica contemporanea e gusti comuni legati
alla tradizione. Attraverso una serie di quesiti si pone l’attenzione sulla scarsa comunicazione
tra gli intenti del compositore dell’opera architettonica ed i fruitori che, fortemente legati ad
una propria tradizione visiva, non comprendono il valore dell’opera e si allontanano da questa,
considerando più confortanti immagini legate al gusto di massa. Questo divario, dettato dalla
poca conoscenza e della scarsa partecipazione della popolazione, allontana dall’analisi delle
opere architettoniche spogliandole della loro tangibilità e rendendole sempre più delle sterili
immagini, degli esempi di puro virtuosismo formale, dei manufatti autoreferenziali.
I gusti di uno stile di vita iconico che impone scelte architettoniche diverse da quelle proposte
dall’architettura contemporanea è dettato dalle regole di mercato. La poca comunicazione da
parte dei responsabili delle scelte progettuali nei confronti della massa porta ad un rifiuto delle
nuove forme dell’abitare a favore di tipologie legate alla tradizione.
Dove vuoi abitare?
Perché l’architettura tradizionale ti sembra “rassicurante”?
Perché la casa contemporanea non ti comunica la sensazione di ‘’focolare domestico’’ e rimane
un oggetto freddo e distaccato?
L’iconografia moderna ha assimilato la casa contemporanea con le sue caratteristiche e peculiarità
come l’immagine di un film mentre risulta ancora difficile l'accettazione da parte della
popolazione. Non si può ancora capire se l’architettura contemporanea con il tempo entrerà nella
stratificazione storica e diventerà tradizionale o se rimarrà circoscritta in un filone contrapposto
rispetto alle opere architettoniche legate al gusto comune.
La progettazione architettonica contemporanea propone modelli che cercano di aggiornare
il modo di abitare coniugando forma e funzione con l’immagine percepita dal fruitore. Spesso
il fraintendimento è in agguato: si possono accomunare esercizi stilistici bizzarri e architetture
che tendono ad una nuova idea di insediamento.
Cosa è una “casa da architetto”?
Perché non noti la differenza di qualità?
Ti comunica di più la forma o la funzione?
L’incomunicabilità caratteristica di questa nuova architettura che ci circonda è ancora più visibile
nei grandi edifici pubblici. Eretti ad icone artistiche, semplici immagini, sfondi da cartolina,
questi progetti spesso si rivelano insoddisfacenti dal punto di vista concettuale e
funzionale. Domande più specialistiche e rivolte ad un interlocutore preparato sfiorano alcuni
aspetti altrettanto importanti.
Il valore estetico di un’architettura, prescindendo dai giudizi personali, è paragonabile a quello
di un’opera d'arte?
La funzione deve prescindere da tutto e deve avere il primato?
Le tecnologie devo asservire una funzione o possono diventare un valore aggiunto nella realizzazione
di un’architettura?
Perché alcune architetture comunicano diversamente a seconda del mezzo con cui vengono
esposte, sia esso reale o virtuale?
Queste analisi potrebbero essere fatte per molte delle architetture che oggi affollano pubblicità,
film e guide turistiche.
Alcune, ripetiamo, funzionano benissimo come una quinta teatrale e in cui l’imponente scenografia
creata dalle ardite strutture non è supportata da un’altrettanto complessa armonia degli
spazi interni come ad esempio nelle architetture di Santiago Calatrava a Valencia.
Possiamo dire che questi siano gli spazi pubblici di cui le città hanno bisogno?
La ricerca della “spettacolarizzazione” dell’architettura porta alla realizzazione di progetti dai
costi di manutenzione estremi.
In occasione dell’inaugurazione dello stadio di Monaco, opera degli architetti Herzog e De
Meuron, i mezzi di comunicazione hanno pubblicizzato l’edificio per il suo spettacolare rivestimento
luminoso. Ad oggi la manutenzione dello stadio risulta costosissima proprio a causa
dei pannelli luminescenti.
Alla luce della crisi energetica questa si può definire una buona architettura?
Nel progettare ci si interroga sempre tra qualità reali e qualità comunicate: una delle opere
più “amate” del maestro Mies, il Seagram Building di New York, costruito con purezza modernista
e razionalista, risultò da subito inadeguato al fine per quale era stato progettato. Gli
impiegati degli uffici dopo pochi mesi furono costretti a spostare gli armadi a ridosso delle vetrate
per evitare che il riverbero del sole li accecasse. Mies aveva progettato dei tendaggi che,
molto razionalmente, avevano solo tre posizioni: tutto su, metà, tutto giù.
Possono esigenze formali di facciata contrastare con la fruizione degli spazi?
Risulta, in conclusione, evidente la necessità di rendere partecipe la popolazione alle scelte
progettuali proprie della contemporaneità per riuscire a creare una comunicazione ed una successiva
comprensione.
Bibliografia:
- N. Braghieri, Sociale, economica, popolare, da Casabella n. 774 (febbraio 2009), Mondadori.
- R. Koolhas, Junkspace, Quodlibet, Macerata, 2006.
- L. Prestinenza Puglisi, This is Tomorrow, Testo & Immagine, Torino 1999.
- T. Wolfe, Maledetti Architetti.Dal Bauhaus a casa nostra, Bompiani, Milano 2001.
- A. Chondrogiannis, Wenders e Fuksas: dialogo tra cinema e architettura, da www.movieplayer.it